Workshop 3. La modalità parlata e il suo ruolo nei modelli grammaticali
Programma del Workshop
Soci proponenti
Cecilia Andorno (Università di Torino)
Emilia Calaresu (Università di Modena e Reggio Emilia)
Andrea Sansò (Università dell’Insubria)
Obiettivi e proposte di contributi
Pressoché tutti i moderni approcci funzionali alla grammatica enfatizzano l’importanza dell’uso nella descrizione di costruzioni e pattern grammaticali e nella spiegazione dei processi che portano alla loro nascita (Auer 2009; Auer / Pfänder 2011; Bybee 2006; Fried & Östman 2005; Du Bois 2014; Günthner et al. 2014; Hopper 1987, 2011; Linell 2008; Thompson et al. 2015, tra gli altri). Non sempre, tuttavia, una tale enfasi si è tradotta in analisi sistematiche, quantitative e qualitative, dei dati di parlato a supporto di modelli e teorie. Questa scarsa considerazione del parlato, e della modalità in generale, nelle teorie grammaticali può portare a una sottovalutazione di quegli usi e costruzioni strettamente connessi alle specificità delle condizioni enunciative del parlato e non apprezzabili in altri contesti (Voghera 2010, 2017), col risultato che i modelli funzionali spesso risultano inadeguati a descrivere questi fenomeni (ad es. i segnali discorsivi) o a spiegare quanto la modalità possa incidere sulla codificazione e sull’espressione (ad es. attraverso la prosodia).
Quando parliamo, infatti, non tutte le scelte linguistiche sono equiprobabili, perché tendiamo a usare costruzioni e pattern testuali che soddisfino meglio i bisogni della modalità parlata in virtù della loro efficienza o adeguatezza interazionale e sociale. Ciò determina l’ubiquità, nelle lingue più diverse, di caratteristiche che possono essere considerate costanti specifiche della modalità parlata, che non dipendono solo dall’uso del canale vocale-uditivo, ma anche dalle complesse condizioni semiotiche e comunicative in cui vengono tipicamente prodotti i testi parlati. È possibile distinguere, in primo luogo, tra scelte derivanti dai bisogni funzionali della comunicazione parlata e scelte dipendenti dagli aspetti sociali della comunicazione quotidiana: possiamo chiamare le prime correlati funzionali (CF) e le seconde correlati sociolinguistici (CS) della modalità parlata. I CF sono elementi ottimizzati per facilitare la produzione e la ricezione del parlato, come l’uso pervasivo di parole generali e polisemiche (ad es. cosa, tizio, ecc.) che consentono di risparmiare tempo e materiale verbale durante il processo di comunicazione online, o la sovrabbondante presenza di elementi deittici nei testi parlati, il cui valore indessicale può essere interpretato solo accedendo al contesto testuale e situazionale. I CS sono quelle caratteristiche che sono presenti nei testi parlati perché appartengono a una varietà specifica che viene usata nel parlare, ma non facilitano necessariamente la produzione linguistica, come la presenza di usi locali nelle routine comunicative o la variazione regionale nell’uso dei segnali discorsivi. Esistono, infine, quelli che possiamo definire correlati stilistici (CSt), ovvero forme testuali usate in una data modalità perché adeguate a situazioni storicamente consolidate: l’arringa di un avvocato, l’omelia di un sacerdote, il dibattito parlamentare, il free style dei rapper, ecc. (cfr. Voghera 2019).
È questa, per così dire, l’area di ricerca rispetto a cui maggiormente si pone, o si dovrebbe porre, la questione del ruolo che la modalità parlata ha - o non ha ma dovrebbe avere - nell’elaborazione e nella definizione di modelli grammaticali coerenti e nella descrizione del sistema più ampiamente inteso. Ed è qui, infatti, che diventa cruciale sia il dibattito sulla natura emergente (nel senso sia di emergent che di emerging, v. Hopper 1987, 2011; Auer / Pfänder 2011; Günthner et al. 2014) della grammatica tutta o di alcune sue ampie porzioni, sia la consapevolezza da parte di un numero crescente di studiosi che le costanti emergenziali dell’interazione parlata, proprio in virtù della loro sistematicità e costanza, vadano considerate parte integrante e non ancillare o collaterale del sistema.
Il workshop che qui si propone ha come obiettivo la discussione, il confronto e la riflessione sul ruolo della modalità parlata nella teorizzazione e nella modellizzazione grammaticale: come e perché tutta una serie di fenomeni, costruzioni, processi dell'interazione parlata possono sfidare, modificare, contraddire, arricchire gli attuali/i tradizionali modelli grammaticali?
Tra gli argomenti e le possibili sfere di indagine che ci paiono più promettenti per affrontare questo tipo di raccordo segnaliamo, ad esempio e nella consapevolezza che nessuno di questi campi è fenomeno a sé stante, il rapporto tra prosodia e costruzione dei testi, l’uso di espressioni di vaghezza intenzionale, di lessico e/o costruzioni polisemiche, la deissi (e/o la questione del riferimento più globalmente intesa), la distribuzione dell’informazione, i segnali discorsivi, le caratteristiche della frase e della sintassi parlata in genere, la sincronizzazione gesto-sguardo-parola, le co-costruzioni come fonte di innovazione sintattica o come spia di strutturazione profondamente dialogica (o polifonica) di costruzioni sintattiche altrimenti tradizionalmente considerate monologiche (dislocazioni, concessive e preconcessive, ecc.; v. in part. Couper-Kuhlen 2011; Thompson et al. 2015; Couper-Khulen & Selting 2018).
Si sollecitano, perciò
- contributi che, senza perdere di vista la questione centrale delle costanti – cioè di ciò che rende il parlato parlato – mirino a raccordare i vari/diversi fenomeni oggetto di indagine a una concettualizzazione grammaticale più ampia, discutendo da questa particolare angolazione il fenomeno o la costruzione oggetto di specifica indagine;
- contributi che, mettendo in primo piano il contesto di enunciazione e i cambiamenti diacronici, siano volti a comprendere, sempre nella prospettiva della modellizzazione grammaticale, quali sono le forze in atto nella comunicazione parlata che portano al mutamento e le spinte al mutamento specifiche del parlato di contro allo scritto.
RELATRICE INVITATA: Miriam Voghera (Università di Salerno)
COMITATO SCIENTIFICO PER LA SELEZIONE DELLE PROPOSTE DI INTERVENTO
Cecilia Andorno (Università di Torino)
Emilia Calaresu (Università di Modena e Reggio Emilia)
Massimo Cerruti (Università di Torino)
Silvia Dal Negro (Libera Università di Bolzano)
Elena Favilla (Università di Modena e Reggio Emilia)
Claudio Iacobini (Università di Salerno)
Francesca Masini (Università di Bologna)
Caterina Mauri (Università di Bologna)
Fabiana Rosi (Università di Salerno)
Andrea Sansò (Università dell’Insubria)
Mario Squartini (Università di Torino)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Invio delle proposte, tempi e modi per la selezione
Il workshop si terrà in lingua italiana. Le proposte di contributo, da 3.000 a 4.000 caratteri (esclusa la bibliografia), dovranno pervenire entro il 20 febbraio 2020 agli indirizzi emilia.calaresu@unimore.it, cecilia.andorno@unito.it, andrea.sanso@uninsubria.it.
Il messaggio mail avrà per oggetto “Proposta workshop SLI 2020 – Modalità parlata & modelli grammaticali” e dovrà contenere nome e cognome dell’autore della proposta, ente di appartenenza, indirizzo e-mail presso il quale si intendono ricevere tutte le comunicazioni inerenti al workshop.
Il Comitato Scientifico comunicherà agli Autori l’accettazione della loro proposta entro il 31 marzo 2020.
Si ricorda che tutti i relatori al momento d’inizio del workshop dovranno essere soci regolari della SLI.